Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: La mia Babi (Terza e ultima parte)

martedì 29 aprile 2014

La mia Babi (Terza e ultima parte)

Mi riprendo. Siamo sempre nella cantina, e davanti a me c’è il Cinese. Lui ancora non sembra essersi ripreso. Non indossa più la maschera, e a guardarlo la prima cosa che mi viene in mente è lui ad un festa di carnevale di un paio di anni fa. Quella volta si era vestito da neonato. E non era così diverso da come è conciato ora. Già perché adesso se ne sta seduto a terra, appoggiato al muro, con indosso solo una cuffietta di stoffa bianca e celeste in testa e un pannolone da adulto a coprirgli le parti intime. E in bocca ha quello che sembra proprio essere un ciuccio. Ha le mani e i piedi legati ed è privo di sensi.
Ci metto poco a capire che anche io non sto messo diversamente da lui: cuffia, pannolone, ciuccio, mani e piedi legati.
Sputo il ciuccio, provo a liberarmi e poi ad alzarmi, ma non mi riesce di fare nessuna delle due cose. Sono immobilizzato. La sensazione èterribile. Soffocante. Penso che potrei dare di matto se non mi slegano immediatamente. Per fortuna non indosso più la maschera, altrimenti la sensazione di soffocamento sarebbe stata maggiore e insopportabile.
Cerco di tranquillizzarmi.
Mi guardo un po’ intorno. Per terra, sparsi qua e là, ci sono dei bambolotti, o meglio ci sono varie parti di bambolotti. Per lo più teste separate dal proprio corpo.
Sento un rumore strano. Molto a fatica giro la testa per guardare alla mia destra.
La prima cosa che faccio è urlare, la seconda è urlare ancora più forte quando vedo quella “cosa” davanti a me.
Cos’è? Cosa cazzo è?
Non saprei descrivere quello che vedo. Direi solo che è un qualcosa che somiglia a la Cosa de I Fantastici Quattro. Ma con i capelli lunghi e radi.
E’ qualcosa di grosso. Sarà quasi due metri e molto, ma molto robusto. Ha tutto sovradimensionato: le braccia, le gambe, il collo, il busto. Tutto è gigantesco. Le mani sono orribili, corte e tozze in una maniera inverosimile. La faccia è tutta butterata. Gli occhi sembrano volergli uscire della orbite.
L’essere indossa una maglietta che sarà una XXXXXXXXXL, ma sembra che si stia comunque per strappare in mille pezzi da un momento all’altro. Stesso discorso per il pantaloncini corti che indossa.
La “cosa” respira forte, e male. Quasi grugnisce. Anzi, grugnisce proprio. Mi guarda, e grugnisce. Dà fastidio alla vista. Disgusta.
Mi viene da vomitare.
Il mostro fa un altro grugnito, poi, da dietro le sue spalle, quasi scenicamente, spunta la vecchia. Si tiene una borsa del ghiaccio in fronte. Sembra minuscola accanto a quell’essere. Con una mano lo tocca e fa:
“Babi, hai visto che alla fine qualcuno è venuto a trovarti?”
L’essere sorride, e mugugna qualcosa, qualcosa di incomprensibile.
Quindi quel Babi con cui la vecchia ci ha fracassato le palle per tutto il tempo è questa “cosa” qua.
La vecchia mi guarda e dice:
“E pensare che era da un po’ che qualche ladruncolo come voi non passava più da queste parti, quasi non ci speravo più, e invece…”
Dice:
“La mia Barbara è davvero contenta che siete venuti”
Barbara? Come Barbara?
La vecchia deve leggermi nel pensiero, o forse capisce qualcosa dalla mia espressione interrogativa, così, poggiando delicatamente una mano sul grosso braccio del mostro, dice:
“Barbara, è lei, la mia bambina. Io la chiamo Babi da quando è piccola, da quando non riusciva a dire il suo nome in maniera corretta e diceva Babi…. La mia Babi…”. La vecchia sorride.
Oh cazzo, penso, ma quindi questo mostro è una donna, è l’altra sua figlia. Ma come è possibile? Come può essere una donna questa “cosa”? Che le è successo?, mi chiedo.
“La mia Babi”, ripete la vecchia, con calma, mentre guarda la figlia amorevolmente e le accarezza quel braccio immenso. “Sapete?”, dice la mamma dell’essere, “per lungo tempo ho davvero temuto che non sarebbe tornata più, che quella passione per la palestra, per il corpo, per i muscoli me l’avrebbe tenuta lontano per sempre, ma sotto sotto sapevo che un giorno sarebbe tornata da me e infatti ora eccola qua la mia Babi”.
La vecchia, cambia improvvisamente espressione, e da dolce sembra farsi dura.
“La palestra, quel posto infernale, è nato tutto lì. La mia Barbara aveva questa passione per la palestra che poi è diventata un’ossessione. Per un po’ cercammo di convincerla ad andare da un terapeuta, perché qui a casa avevamo capito che qualcosa non andava. Passava tutto il tempo in palestra, “a perfezionarsi” diceva lei, ma non era mai soddisfatta del proprio corpo. Poi mangiava in una maniera tutta particolare e sballata in vista delle gare, senza considerare poi tutti quegli intrugli che si beveva. Suo padre ci discuteva tutti i giorni, fino a che lei non se ne andò di casa. Da lì in poi abbiamo saputo più poco della nostra bimba, se non che ogni tanto se ne andava all’estero a fare qualche gara internazionale.”
Mentre la vecchia parla guardo la “cosa”, guardo Babi, e vedo che le gambe e le braccia però non sono muscolose, o meglio, lo sono, ma non sono toniche. E’ evidente che è da un po’ che non si allena.
“Poi”, continua la vecchia, “sapemmo dall’altra nostra figlia che Babi si era trasferita in pianta stabile in California. E’ passato un po’ di tempo, poi l’anno scorso sempre l’altra mia figlia mi telefonò, chiamava dagli Stati Uniti. Non ho capito mai bene come, ma aveva saputo che sua sorella non stava bene. Così, senza dire nulla, era partita per gli USA. Al telefono mi disse solo: Mamma, io porto a casa Barbara. Va bene figlia mia, le dissi io. E me la riportò così. Ora, cosa le sia successo di preciso non lo sappiamo. Non so quale immondizia per la crescita muscolare si sia presa, non so se ne ha presa una in particolare o se questo è il risultato di più cose prese negli anni. Forse dovrebbe vederla un medico, ma abbiamo deciso di non rendere pubblico il fatto che Barbara è di nuovo qui. La gente, lo so, a vederla così non capirebbe, inizierebbe a prenderla in giro, schernirla, guardarla come un mostro, invece lei dentro è sempre la mia Babi, dentro è piena di affetto e amore”.
Sto un po’ a guardare Babi, ci guardiamo reciprocamente, ma il fatto è che guardarla mi turba, così gli occhi mi vanno verso il tavolo coi soldi. Già, i soldi, è per colpa loro che mi trovo in questa situazione assurda.
La vecchia intercetta il mio sguardo, e fa:
“Quelli là,” dice indicando il denaro col suo indice ossuto, “sono tutti i soldi che io e il mio povero marito ci siamo messi da parte negli anni. Preferisco tenerli qua, sapete come sono le banche, no?”
Non capisco perché si rivolge al plurale quando ancora il Cinese non ha ripreso conoscenza e sono solo io ad ascoltarla.
“Li tengo qui i soldi, tanto c’è Babi che fa la guardia, vero Babi?”
Babi, grugnisce. Credo sia un sì.
“In ogni caso, sapete cosa penso? Penso che l’importante è che ora Babi sia qua, con me, con la sua mamma che si prende cura di lei. Vero Babi?”
Babi grugnisce.
“Certo, non è facile comunque, quelle sostanze che si è presa le avranno fatto crescere a dismisura il corpo, ma sembra che invece le abbiano ridimensionato il cervello. Le hanno causato gravi danni cerebrali. Ora è come se fosse una bambina, una bambina che vuole sempre giocare. Io faccio quel che posso, ma non è sempre facile, ma per fortuna siete arrivati voi…”
“AHHHH! MA CHE CAZZO STA SUCCEDENDO?”, è quello che dice il Cinese appena si riprende.
La vecchia non bada al mio amico e dice:
“Ora la mia Babi avrà da divertirsi con voi due, siete proprio due bei bambolotti, in carne ed ossa… A Babi piace molto giocare a fare la mamma, sapete, lei non potrà mai averne di bambini, per colpa di quella immondizia che si è presa negli anni, steroidi, ormoni della crescita e chissà cos’altro, le hanno rovinato l’utero, oltre a farle un sacco di altri danni.
Beh, io ora vi lascio soli, qui avete da fare a lungo. Forse faccio in tempo a vedere chi stasera vince la gara di Ballando con le Stelle, ciao allora ragazzi, ciao Babi”, e dicendo così la vecchia si avvia verso le scale, ma al secondo o terzo scalino si ferma e fa:
“Mi raccomando, cercate, di non far innervosire la mia Babi altrimenti rischiate di fare la fine dei bambolotti che vedete sparsi qua in giro”, e poi riprende a salire le scale.
Guardo quei neonati di plastica decapitati. Poi guardo Babi.
Io mi inizio a pisciare addosso, mentre il Cinese sta urlando qualcosa contro la vecchia.

C’è un lunghissimo istante, uno stramaledetto istante in cui non accade nulla: io guardo quella che un tempo era una ragazza, forse anche carina, e lei guarda me e il Cinese.
Poi io inizio a piangere. Ed è la cosa più sbagliata che possa fare. La montagna umana viene verso di me, si toglie la maglietta, mettendo in mostra due orribili tette, o meglio, due enormi pettorali sgonfi, e mi prende in braccio.
Mentre con difficoltà riesco a capire che mi sta dicendo qualcosa tipo Non piangere piccolo, che però suona più come Nto pfangece piciolo, prova a infilarmi in bocca un capezzolo. Cerco di divincolarmi, ma la sua presa è troppo forte. Alla fine mi blocca la bocca con una mano, e me la apre premendo sulle guance. Velocemente ci infila dentro il capezzolo e dice qualcosa tipo Su prendi il latte, che però suona più tipo Tciu Prenci i Laccie.
Io sto fermo, cercando di non vomitare, poi però mi sento soffocare, così annaspo, e mentre lo faccio sento che inizia a colarmi qualcosa in bocca. Qualcosa di caldo.
E’ latte.
Il latte, non ho mai sopportato il sapore del latte. Ora capisco perché. Deve essere tutto iniziato quando ancora ero un poppante. Se è questo il sapore del latte materno, credo che lo bevi solo perché sei neonato e non capisci un cazzo, oppure solo perché non hai alternative. Come adesso, d’altronde.
Tra un conato e l’altro capisco che se non mi calmo e ingoio quello schifo rischio di strozzarmi. Così chiudo gli occhi e mando giù, maledicendo il Cinese e il suo colpo “facilissimo”.
La gigantessa ritardata che mi tiene in braccio mi accarezza la testa e mi culla. Inizia a canticchiare qualcosa, tipo una Ninna nanna, ma non si capisce un cazzo di quello che dice.
Poi però sento un rumore sordo, e io cado improvvisamente a terra. Riesco ad avere la prontezza di rotolarmi su un fianco, giusto in tempo per non essere schiacciato da Babi quando cade a terra a faccia in avanti.
Dietro di lei mi appare il Cinese con la sua cuffietta e il pannolone. Mi guarda. In mano porta una spranga.
Viene a liberarmi e gli chiedo come ha fatto lui a liberarsi, e lui, indicando col mento le mie caviglie, fa:
“Guarda che razza di nodi che ha fatto questo ammasso di muscoli flaccidi.”
Guardo, e in effetti, a vederli ora, con più calma, posso dire che con un attimo di freddezza in più non sarebbe stato difficile liberarsi. Con quelle dita così tozze era impossibile che fosse riuscita a legare bene le corde, ma lì per lì, preso dal panico, non ci ho fatto caso.
Appena il Cinese mi libera anche i piedi, mi tiro su. Guardo Babi stesa a terra, è tramortita, ma la vedo respirare.
“I nostri vestiti?”, chiedo al Cinese.
“Sono là”, fa lui, indicando l’angolo della cantina dove eravamo appena ci siamo ripresi.
Ci rivestiamo, e li dov’erano i nostri indumenti ci sono anche le buste con i soldi. Torniamo a quel tavolo e le riempiamo ancor di più. Fino quasi a scoppiare. Poi i soldi che non entrano più nelle buste ce li ficchiamo un po’ sotto la maglietta, sotto la camicia e in tutte le tasche che abbiamo. Un po’ ne mettiamo anche nelle cuffie che avevamo in testa.
Quando il tavolo è bello che pulito, il Cinese riprende la spranga e, insieme, prendiamo a salire le scale per tornare di sopra e uscire.
Apriamo la porta della cantina facendo molto, ma molto piano. Sentiamo ancora la voce della Carlucci blaterare qualche metro più in là.
Ma fino a che ora danno queste cazzo di trasmissioni in tv?, mi chiedo.
Con passo felpato ci dirigiamo verso la porta d’ingresso.
Passando davanti al soggiorno notiamo che la vecchia dorme davanti alla tv.
Apriamo la porta ed usciamo.

In macchina non c’è euforia, quello che ci è successo ha smorzato ogni entusiasmo, ma di sicuro siamo contenti perché avremo ad occhio e croce circa una cinquantina di migliaia di euro con noi.
Poi, mentre ci dirigiamo verso Perugia, prima di telefonare alla Strega, pensando a quello che ci è successo e ai soldi che abbiamo con noi, mi viene da esclamare:
“Cazzo!”
Il Cinese mi chiede cosa significa quell’esclamazione, e io glielo spiego.
“Te l’avevo detto”, fa lui.
“Sì, ma a parte che doveva essere un colpo FA-CI-LI-SSI-MO, tanti soldi non te li aspettavi nemmeno tu, vero?”
“A dire la verità non mi aspettavo tutto quell’altro che abbiamo trovato lì dentro, ma che la vecchia c’aveva diversi soldi in casa me lo sentivo”. Fa una piccola pausa, poi il Cinese fa: “Comunque pensavo a una cosa”.
“Cosa?”, domando io.
“Che con questi soldi siamo a posto per molto tempo e che magari, che ne so, magari potremmo provare a farci qualcosa, intendo non sputtanarli tutti con la roba. Che dici?”
Io ci penso su, in silenzio.
“Potremmo andare tipo in Brasile e, che ne so, aprire un baretto sulla spiaggia”, continua lui.
Sì, penso, anche se super stereotipata come immagine, perché no?
Il Cinese dice:
“Vabbè, stasera comunque due schizzi ce li facciamo perché ce li siamo meritati”
Dice:
“Ma da domani iniziamo a pensare ad altre cose, e a provare a fare una vita diversa, più regolare, magari ci troviamo una tipa apposto per uno e smettiamo di bucarci, chiudiamo con la Gnugna e apriamo ad un’altra vita, migliore”.
Io resto in silenzio, continuo a pensare a quello che dice il mio amico. E penso di credergli al Cinese. Mi fido di lui, anche se di un tossico non ci si dovrebbe mai fidare.

FINE



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