Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: Milano, la guerra te la racconto io... - Simone Monguzzi

giovedì 27 febbraio 2014

Milano, la guerra te la racconto io... - Simone Monguzzi

Scazzato,perchè questa città ti divora le membra e ti logora l’anima,e quando ti ritrovi in metropolitana alle 10 di sera e scopri che il prossimo treno è in arrivo tra 20 minuti,non puoi che essere incazzato. Incazzato con tutti,con il mondo e con quello stronzo che è al telefono e non è capace di tenere la voce bassa,con il ragazzino che non ha ancora scoperto l’esistenza delle cuffie e pompa la sua musica di merda facendola ascoltare a tutta la stazione di Loreto, con la signora per bene che ti guarda manco fossi uno stronzo di cane. Mi siedo,almeno un posto libero in una giornata patetica come questa, al mio fianco un senza tetto,uno dei tanti disperati che gironzolano per Milano,come anime senza una meta si aggirano in ogni angolo, tanto da diventare invisibili,fantasmi eterei di una città senz’anima e senza colonna vertebrale,piegata al denaro e morente per il troppo PM10 in circolazione. Lo fisso attentamente,non so perchè forse per noia,occhi scavati,incavati quasi da non vederli affatto,il viso stropicciato dal tempo dimostrava tutto il dolore e tutto quello che quell’uomo ha vissuto,lo fissai insistendo sempre più,per riuscire a scrutarlo meglio a capire il perchè si fosse ridotto in quella condizione,ero curioso di assaporare il suo trascorso,conoscere almeno una fetta della sua memoria,perchè poi sarebbe andata irrimediabilmente persa e in cuore sentivo che non ne valeva la pena di lasciarsi sfuggire questa possibilità. “Che tempo di merda” dissi al vecchio, il tempo è il discorso migliore per attaccar bottone se dall’altra parte c’è un tipo sveglio pronto a capire l’antifona e il vecchio la colse al volo, “Fa troppo freddo per essere a Milano,e di freddo io ne ho patito parecchio…” rispose con una voce così roca ma al contempo profonda e penetrante che parve quasi di conoscerlo da sempre tanto la sua voce riuscì in poche parole a trasmettere tutta l’essenza pure dell’anima,come a volersi affondare del mio petto per trovare un nuovo riparo,una nuova casa,un nuovo corpo per un anima stanca ma che aveva bisogno ancora di vivere,nella mia mente e nelle parole che ora sto battendo… Il discorso passò velocemente dal tempo alla guerra,mi disse che era del 1930,aveva nove anni quando dalla radio in salotto di casa sentì il discorso del Duce,il tragico annuncio era solo l’epilogo di tante cose e sensazioni che facevano capire a tutti,anche ai bambini di nove anni che la guerra era alle porte, la dichiarazione di guerra era stata consegnata agli ambasciatori di Francia e Inghilterra… poi per radio si sentì un gran fragore di folle urlante e in festa. Cosa ci fosse da festeggiare probabilmente il vecchio mai lo capì, il discorso mi aveva preso ero immerso nella sua voce e nel profondo dei suoi occhi mi potevo smarrire,vedevo nella mia mente immagini di situazioni che mi stava narrando,sentivo le voci,provavo emozioni indescrivibili di gente che fugge,sirene anti aeree che suonano nel pieno della notte e di una gran folla che scappa e si ripara dove può,sperando che sia solo un falso allarme,sperando che la propria casa sia ancora in piedi quando usciranno dal rifugio. La guerra, mi disse, “è la situazione più bassa e miserrima che la razza umana possa provare su se stesa,un alienazione totale e insensata dove non capisci più chi sei e qual’è il senso di tutto questo orrore,alla fine ti accorgi che non ha senso e che moltissimi sono morti senza aver mai capito il perchè”.
Ci fù poi un lungo silenzio,che servì a me per rimasticare ancora una volta queste parole,per farle mie,metabolizzarle e renderle parte di me,parole di ghiaccio che freddarono il mio corpo e di fuoco che incendiarono la mente e il cuore,come un flusso di coscienza mi attraversò il cervello e vidi giovani,donne,anziani,bambini,tutti insieme tutti terrorizzati,confusi,impotenti… incapaci di resiste e di lottare.
Poi mi parò della fine della guerra,come se capisse che per me fosse troppo giù solo l’inizio, mi raccontò di Piazzale Loreto,di come a qualcuno venne l’idea di appendere i due cadaveri sullo scheletro di metallo di un vecchio distributore di benzina,di come anche nella situazione più triste a qualcuno venne in mente di pinzare la gonna del cadavere della Petacci per senso di pudore… pudore appunto come quello che per 20 anni non si era più visto ora ritorna proprio nel giorno più particolare,macabro e tremendo ma insieme liberatorio della storia d’Italia e di Milano… Il volto del Duce,mi disse,era irriconoscibile tanti furono i bugni i calci e gli sputi che Milano gli diede,poi arrivò il cardinale (cardinal Schuster),l’unico tedesco amato in tutta milano, il porporato gli diede l’estrema benedizione,perchè pare,proseguì il vecchio,che una benedizione non si nega a nessuno.
Arrivò la metro,ci stringemmo la mano calorosamente,lo ringraziai di cuore per questa bellissima e toccante chiacchierata,le porte della metro si chiusero alle mie spalle,il vecchio ancora seduto sulla panchina mi guardò scorrere nell’oscurità del tunnel e mi confusi ancora una volta nella folla senza identità di Milano.
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